Cemento vetrificato, istruzioni per l'uso

Ultimo è un vino che ha fatto cemento vetrificato“. Lo ripetiamo ogni volta che lo facciamo assaggiare, osservando con un pizzico di soddisfazione lo stupore di chi si trova ad assaporare una Riserva 2013 di Vino Nobile di Montepulciano che conserva una pienezza e persistenza del frutto tale da farla assomigliare ad una Annata.

Si perchè la fase di fermentazione è fondamentale per il vino, anche per quello destinato a passare in botte per completare la sua lunga maturazione e potersi fregiare infine della dicitura ‘Riserva‘, come nel nostro caso. Ma lo è per tutti i vini: quelli d’annata non soggetti a denominazione di origine, i Crus, i vini da tavola che, liberati dai laccioli dei disciplinari, trovano un potente e prezioso alleato nel cemento anche in fase di affinamento. 

Noi nel cemento abbiamo sempre creduto e spiegare il motivo è semplice. Tuttavia non è una ricetta che può valere per tutti. Difficile reperire una nutrita letteratura scientifica in materia a supporto dei “pregi del cemento” poichè la riscoperta di questo materiale è esclusivamente basata su esperienze pratiche di cantina e considerazioni teoriche basate su alcune fasi e su specifici climi o microclimi delle zone di produzione o delle cantine stesse ma non su dati validati scientificamente.

Cemento vetrificato: un po’ di storia

Questo contenitore, passato dal comporre, soprattutto negli anni ’50 e ’60 del Novecento, buona parte delle cantine del nostro Paese – anche strutturalmente, nel senso che le botti erano spesso inglobate nelle mura delle cantine, come nella nostra cantina di Chianciano Terme! -, fu soggetto ad abbandono quasi totale a partire dai primi anni ’80, dietro la spinta fortissima che arrivava dai Francesi, dai nostri enologi e dalle industrie che producevano le nuove botti in acciaio. Oggi, smaltita in parte la ‘sbornia delle barriques’ iniziata tra l’altro proprio in quegli anni, molti sembrano far ritorno al cemento e riscoprirne i vantaggi – Francesi per primi! – con i contenitori delle più disparate fattezze e materiali. 

Un importante fattore da considerare sono i tempi: in Francia la cultura e la pratica vinicola volevano che i vini venissero lasciati a maturare per medi o lunghi periodi prima di essere imbottigliati ed immessi sul mercato. In Italia invece, per un lungo periodo, ha dominato la logica del consumo immediato: l’acciaio era leggero e di dimensioni più contenute, facile da pulire e da spostare: per i vini non destinati all’invecchiamento si annunciava la soluzione ideale. 

Uno dei grandi punti a sfavore delle botti in cemento, che aveva largamente determinato il suo abbandono da parte dei produttori, era quello del rivestimento interno. Le resine interne utilizzate fino agli anni ’80 davano problemi igienici, di cessioni e di tenuta nel tempo. Fortunatamente negli anni sono stati fatti grandi passi in avanti al riguardo, soprattutto in tema di vetrificazione e rivestimenti interni. All’epoca tuttavia la leggerezza e la comodità negli spostamenti, la facilità di pulizia e la possibilità di utilizzare detergenti più aggressivi resero, nel giro di breve tempo, i contenitori di acciaio molto più pratici ed idonei, soprattutto ai continui controlli USL, e pertanto più diffusi. 

Tutto questo però non convinse tutti i viticoltori, tra i quali noi che, una volta effettuati i primi confronti decidemmo di relegare le botti di acciaio acquistate ad altre mansioni legate quasi esclusivamente al vino da commercializzare sfuso.

Il cemento vetrificato in fase di fermentazione

Le botti in cemento vetrificato sulle quali è costruita la nostra cantina (si, perchè alcune hanno una capienza non inferiore ai 160hl quindi costituiscono verosimilmente le mura!) hanno un spessore di circa 12 cm mentre le botti in acciaio di soli 2/3 mm. E questo cosa significa? Sappiamo che il vino è una cosa viva ed in continua evoluzione, anche molti anni dopo la sua nascita. Questo vuol dire che sia il mosto che il vino sono soggetti agli sbalzi di temperatura e se questi sono violenti risultano deleteri per il vino. Quando un vino subisce degli shock termici repentini, questi accelerano la sua trasformazione chimica fino – nei casi peggiori – ad uccidere i lieviti. Con uno spessore di 12cm come quello delle nostre botti in cemento vetrificato, un’eventuale sbalzo di temperatura notturna non sarà avvertito dai lieviti che stanno trasformando gli zuccheri in alcool, mantenendo sempre un ambiente caldo, idoneo alla trasformazione.

In una botte di cemento dello spessore di 12 cm il cambio di temperatura viene quindi percepito dopo lungo tempo ed in maniera assolutamente graduale, a differenza di una botte in acciaio con lo spessore di 2 o 3 millimetri. Questo impone una attenzione ed un controllo assai maggiori se si sceglie di usare l’acciaio, senza contare il fatto che nel cemento il vino può riposare nella più totale immobilità per lunghi periodi senza risentire di vibrazioni esterne che potrebbero comprometterlo (ma questo lo stanno studiando solo adesso analizzando le vibrazioni ed i moti che possono interessare le molecole del vino all’interno dei differenti contenitori).

Cemento vs. acciaio: per quali vini impiegarli

Il cemento è una soluzione ottimale per vini destinati a migliorare e maturare con il tempo, senza snaturare il bouquet aromatico del vitigno. Invece per chi produce vini bianchi oppure vini rossi di pronta beva, dove i tannini non hanno molto peso, l’acciaio è perfetto.

L’invecchiamento del vino in cemento vetrificato

Il cemento permette una ossigenazione graduale del vino pari a quella che avviene nel legno (è comunque un materiale che consente scambi con l’esterno, anche se vetrificato!) ma senza le cessioni aromatiche, più o meno aggressive, proprie del legno, che in molti casi rischiano di snaturare il prodotto finale. Per un vino come il Nobile o il Rosso di Montepulciano dove è forte la componente fruttata, il cemento garantisce la conservazione e del bouquet aromatico, esaltandolo con la rotondità che questo materiale è in grado di trasferire. Il risultato è armonico: un vino pieno dal bouquet autentico senza le sbavature, le asprezze, la spigolosi e la durezza dell’acciaio. É insomma un ottimo compromesso per vini d’annata come per vini che saranno consumati negli anni futuri.

Consente di ottenere vini puliti, freschi e rotondi perchè è anche capace di arrotondare i vini, dopotutto “è importante che la botte di cemento abbia angoli arrotondati e nessuna superficie spigolosa“, sosteneva il grande enologo Giacomo Tachis, già estimatore della botte in cemento per il Sangiovese. Ed il cemento è l’ottimo compromesso per il Sangiovese delle nostre terre: un vitigno così tannico e spesso irruento in acidità ma anche così capace di rilasciare sentori affascinanti di prugna, ciliegia, mora, ribes e chi-più-ne-ha-più-ne-metta che devono essere preservati in fase di affinamento con quel giusto tocco di rotondità che anche il cemento può dare: provare per credere!

Il nostro Ultimo durante la seconda fase di invecchiamento in botti di cemento vetrificato

La nostra Riserva di Nobile ‘Ultimo’ durante la seconda fase di invecchiamento in botti di cemento vetrificato

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