L’estate di San Martino: dura tre giorni e un pochinino“.
Piuttosto che “É San Martino: il clima torna mite e il mosto diventa vino“.
Sono alcuni detti popolari in cui mi sono imbattuta in questi giorni in famiglia, discorrendo di queste tre giornate di sole di metà novembre, che sono diventate poi un ottimo spunto per ripercorrere qualche tradizione tipica della nostra Toscana in un clima di totale relax.

Dopotutto in campagna si può tirare ora un sospiro di sollievo: anche la raccolta delle olive è conclusa e per quanto riguarda il vino, non ci resta che assaggiare il primo mosto, tenendo ben presente di non esagerare perchè potrebbe avere effetti particolarmente “spiacevoli”! Era proprio per questo momento di pausa nei lavori agricoli che “San Martino” significava “fare le valigie“, “traslocare” per i contadini di una volta: finiti i lavori agricoli, molti mezzadri cambiavano podere e nuovi coloni s’insediavano nelle proprietà delle nostre campagne toscane.

Insomma, dopo il freddo pungente degli ultimi giorni le temperature si sono stabilizzate ed il sole è tornato ad illuminare le nostre giornate. Le campagne sono colorate delle mille sfumature dell’arancio, del rosso, del giallo, del marrone, le viti ora come mai prima d’ora sono un soggetto bellissimo da fotografare e di notte è un piacere alzare gli occhi al cielo per ammirare un cielo limpido, pieno di stelle. É il momento perfetto per una camminata appena fuori città o per la visita a qualche cantina del territorio.

I pomeriggi di novembre: momento perfetto per rilassarsi e lavorare al calduccio

I pomeriggi di novembre: momento perfetto per rilassarsi e lavorare al calduccio

Però è anche un piacere starsene al calduccio dentro casa, sul divano con una bella coperta oppure davanti al fuoco ed onorare tutti assieme qualche bella tradizione gastronomica autunnale. Da noi in Toscana questi sono i giorni del castagnaccio – o baldino -, specialità che ancora, dopo anni, non sono riuscita ad inquadrare più come dolce o salata. Mia mamma lo fa con farina di castagne, pinoli, uvetta e rosmarino. Unge l’impasto con l’olio extravergine e lo sala per contrastare il dolce della castagna, poi lo versa ancora liquido in una teglia e lo inforna. Il gusto non è molto dolce e lo spessore non supera mai il mezzo dito. Se capiterai mai in Toscana ad assaggiare il castagnaccio, aspettati almeno una ricetta, ingredienti, gusto e consistenze diverse da famiglia a famiglia. Dopotutto quando mai noi Toscani siamo stati d’accordo su qualcosa?

Il vino novello: come si produce?

Però questi sono soprattutto i giorni dedicati al mosto e a tutto un complesso di tradizioni che ci vengono direttamente dai nostri nonni, che il vino se lo facevano in casa. Nei miei viaggi in Francia ho partecipato più di una volta alle famose feste novembrine per celebrare il Beaujolais nouveau, corrispettivo d’Oltralpe del vino novello. In Francia ogni anno l’attesa per il Beaujolais si trasforma in una vera e propria festa popolare che coinvolge borghi, capoluoghi e grandi città mentre in Italia, a dispetto di proverbi e storie popolari, il novello non è particolarmente diffuso: si lega piuttosto ad una certa tradizione, propria dei nostri nonni e bisnonni di operare una particolare procedura di fermentazione che t’illustrerò tra qualche momento.

Novembre all'insegna del comfort e del calduccio

Novembre: momento perfetto per starsene al calduccio!

La caratteristica fondamentale che contraddistingue questo tipo di vino è il suo essere un prodotto particolarmente “facile”: si beve bene, è poco tannico ed ha un gusto quasi dolciastro, molto fresco, giovane e fragrante. Questo perchè è frutto di macerazione carbonica: tutto inizia chiudendo i grappoli interi in un contenitore sigillato, nel quale viene immessa anidride carbonica. L’uva non viene pigiata ma lasciata macerare per un massimo di 20 giorni ad una temperatura elevata (circa 25-30°) ed in totale assenza di ossigeno. Sotto il peso dei grappoli questa viene schiacciata dando avvio alla fermentazione, in cui l’alcol estrae dalla buccia degli acini colore e sostanze aromatiche che renderanno il vino molto fruttato e dal colore intenso di porpora e prugna. I tannini invece non hanno modo di venire fuori. Solo alla fine l’uva viene pigiata ed eventualmente addizionata con vino prodotto con normali tecniche di vinificazione. Proprio qui sta la differenza con il “novello” francese: in Italia basta un 40% di uve vinificate con il metodo della macerazione carbonica, alle quali si può aggiungere fino al 60% di vino frutto di vinificazione tradizionale. In Francia invece il Beaujolais, oltre ad essere prodotto solo con uve Gamay, dev’essere interamente frutto di questa particolare forma di macerazione delle uve.

Il novello, – sempre che tu riesca a gustarlo perchè i produttori sono diventati ormai pochissimi! – va abbinato con i piatti tipici di questo periodo: le castagne, i funghi, alcuni arrosti di cagcciagione tipici del senese come le quaglie, i piccioni, le beccacce. Però proprio per i suoi profumi intensi di frutti di bosco, il mio abbinamento preferito è quello con le caldarroste, “bruciate” come le chiamiamo in Toscana. Anche con le salsicce alla brace non è affatto male ma in un modo assai poco “ortodosso”: mentre le salsicce cuociono sulla griglia prova a irrorarle generosamente di vino novello e sentirai che esplosione di gusto!

Insomma tra arrosti, polente, castagne, castagnacci e funghi porcini – per chi ha la fortuna di trovarne! -, è proprio il caso di brindare tutti assieme. Poi, con tutto questo ben-di-dio di cibo e vino, se San Martino è associato anche agli “ubriaconi” un motivo c’è!

Le caldarroste o "bruciate", come le chiamiamo in Toscana: una specialità tipica di questo periodo dell'anno!

Le caldarroste o “bruciate”, come le chiamiamo in Toscana: una specialità tipica di questo periodo dell’anno!

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