“Non produrre non significa non essere autentici": la nostra intervista per I Grandi Vini sul mestiere di affinatori

La nostra Carlotta Andrea Buracchi racconta in una intervista per la rivista I Grandi Vini come si è evoluto il ruolo di “affinatore” nella nuova dimensione vinicola dell’azienda di famiglia, specializzazione che va a braccetto con la comunicazione dell’eccellenza.

[l’intervista originale in formato ridotto, a cura di Chiara Martinelli, è disponibile a questo link]

L’azienda Agricola Buracchi dopo l’annata 2013 ha già lanciato la Riserva Nobile Montepulciano Ultimo 2014 e nonostante la mancanza di un vigneto sullo sfondo, ci spiega la sua “essenza e autenticità più vera”. Perché qualità ed eccellenza fanno parte dell’azienda, nonostante l’assenza dei classici “filari da cartolina”.

Con Buracchi si apre un nuovo modo di concepire l’etichetta e di comunicare il vino, che ridisegna il ruolo del viticoltore con un prezioso lavoro di post-produzione. In altre parole,  il vigneto c’è stato e il buon vino lo si può fare anche senza. Senza venir meno ai valori della tradizione originaria. Carlotta Andrea Buracchi ci spiega come avviene tutto ciò e quale sarà il futuro di un’azienda che sta cambiando i ruoli precostituiti. 

L’azienda Buracchi si definisce un “affinatore” di vino: di primo impatto sembrerebbe una nuova “specializzazione”, in verità se andiamo a verificare, vi sono molte aziende vinicole che già lo fanno senza comunicarlo apertamente…

“Più che “senza comunicarlo apertamente” direi che lo fanno senza che questa sia la loro principale attività comunicabile. Mi spiego: i dati del turismo enogastronomico oggi ci confermano che non si acquista più un prodotto ma un’esperienza. Visitare le cantine, camminare tra i filari, partecipare ad una vendemmia o a una potatura sono esperienze divenute “vendibili” più del prodotto stesso. L’attenzione del consumatore la si cattura oggi vendendogli un’ esperienza fruibile, che può raccontare una volta rientrato a casa. Dalla qualità di questa esperienza dipende l’acquisto del prodotto. Si tratta di qualcosa di straordinario perché si riesce a far scoprire come nasce il prodotto “vino”, come lo si lavora e lo si invecchia. Tuttavia va detto che sono moltissime le cantine che accanto alla propria produzione svolgono anche un’attività di acquisto di uve, vinificazione e affinamento, da sempre. Non la comunicano perchè il trend che oggi va per la maggiore è quello esperienziale e l’affinamento non ha la componente “esperienziale” che possiede la produzione. Pensiamo a quanti prodotti straordinari vengono fuori dalle tante Distillerie di eccellenza che abbiamo in Italia o a quanti salumi e formaggi eccezionali sono frutto del lavoro di artigiani che non allevano ma trasformano prodotti: è l’85% del Made in Italy diffuso e apprezzato nel mondo! Non produrre non significa non essere autentici: anche saper lavorare una materia prima fa la differenza! É giunto il momento di fare il salto di qualità ed imparare a comunicare anche questo, dopotutto anche questa è eccellenza!”.

Puoi spiegarci nel dettaglio come nasce, come si sviluppa e i motivi per cui vi siete focalizzati solo su questa fase?

“L’Azienda Buracchi ha venduto i propri vigneti nel 2015, conservando la proprietà della cantina di invecchiamento e del vino Nobile D.O.C.G. già posto in invecchiamento (le raccolte 2013, 2014). Le nostre radici affondano in profondità come quelle della vite pertanto fare altro sarebbe stato difficile. Invece di cercare nuovi terreni da acquistare abbiamo deciso di focalizzarci sull’affinamento creando un nuovo marchio per marcare la differenza con il passato ed impiegando una tecnica messa a punto in 40 anni di produzione. Le nostre Riserve “Ultimo” sono sottoposte ai due anni di invecchiamento in botti grandi di Rovere previsti dal Disciplinare di produzione del Nobile di Montepulciano, seguiti da altri due anni d’invecchiamento in botti di cemento vetrificato, coronati da un minimo di un anno di affinamento in bottiglia. Un metodo che non potevamo permetterci prima… Un’ azienda vitivinicola, per quanto agricola che sia, è una azienda a tutti gli effetti! Ciò significa che tasse, oneri, stipendi, fornitori e costi di gestione non guardano in faccia all’andamento climatico dell’annata nè alla disponibilità di capitali. Per un’ azienda vitivinicola produrre una Riserva significa decidere di accantonare un capitale per “x” anni e non poterne disporre in liquidità nell’immediato. Per tanto tempo, la grande distribuzione, Consorzi poco attenti e i produttori di grosse dimensioni, hanno abituato il consumatore a bere vini a prezzi bassi, facendogli dimenticare il valore di ciò che bevevano, senza parlare di ciò che il vino acquisisce una volta invecchiato! La tendenza è stata quella di concentrarsi sulla produzione delle Annate perchè avevano prezzi più bassi, permettevano di smaltire la produzione in breve tempo e di avere ‘cantina vuota e soldi in tasca’ per lavorare anche l’anno seguente. Per questo motivo oggi, liberi dai costi di produzione, abbiamo potuto concentrarci sulla produzione di una linea di Riserve di altissima qualità con una lavorazione molto lunga e virtuosa. Una cosa che in passato non potevamo fare ogni anno. Per quanto poco romantico, il consumatore deve cominciare a capire che non si beve l’eccellenza a basso prezzo”.

Per com’è strutturata, l’azienda Buracchi, potrebbe apparire un “case history” inedito, lo spin doctor degli “affinatori di vino”: un nuovo modello di wine-business…

“Mi occupo di comunicazione da anni e sono cresciuta nel mondo del vino: proprio in virtù di ciò mi riesce meglio ho deciso che voglio fare la differenza in questo settore, sviluppando ciò che ancora c’è da sviluppare, anche in termini di comunicazione. Oggi se vuoi restare nel mercato devi saper fare la differenza. Per questo noi vogliamo proporre qualcosa di diverso anche in termini comunicativi: incentrato sull’affinamento e sul prodotto. Stiamo ristrutturando la nostra cantina di Chianciano Terme per farne un polo esperienziale e museale dedicato all’invecchiamento ed alla degustazione enogastronomica. Niente vigne (non le abbiamo!), solo botti, cibo e vino: degustazioni, abbinamenti uniti alla storia ed agli strumenti della vinificazione per spiegare anche questa parte al consumatore finale, che è ciò che resta dopo l’esperienza in vigna. Una specializzazione, la nostra, che torni ad equilibrare l’attenzione sul valore del prodotto e della sua trasformazione”.

Parlando del mercato, quali difficoltà si riscontrano nella presentazione di Ultimo, nello “story telling” del vino che adesso va tanto di moda e che ha un forte passato ma che vive di contemporaneità e degli strumenti più innovativi per comunicare…

“Grazie al mio lavoro nella comunicazione digitale ho avuto modo di analizzare e comprendere l’importanza dello storytelling e della componente emozionale/esperienziale nei meccanismi di attenzione, nonchè di scelta ed acquisto di un prodotto. Non riesco ad immaginare le difficoltà per una azienda che oggi non racconti adeguatamente se stessa, sfruttando le nuove tecniche e tecnologie che il web mette a disposizione. Proprio per questo motivo ho elaborato un progetto per la nostra linea di Riserve “Ultimo” che non può prescindere dalla condivisione e dallo storytelling: raccontandoci in maniera autentica, dando informazioni e curiosità intercettiamo pubblici che prima non avrebbero mai prestato attenzione al nostro prodotto ed al vino in generale. Allo stesso modo ogni giorno devo lavorare duramente per scardinare il pregiudizio diffuso che solo chi produce sia in qualche modo “autentico”. Lo ripeto: quanti straordinari prodotti frutto di artigiani, affinatori, trasformatori, distillatori consumiamo ogni giorno? Io so valorizzare il succo di un’uva straordinaria affinandolo nella mia cantina, con le mie tecniche di vinificazione ed affinamento, al pari di un produttore che segue l’acino dalla terra alla tavola. Questa è la prossima sfida da rendere chiara a chi ama e conosce il vino ed a chi vi si approccia per la prima volta”.

Buracchi in verità è un’azienda con radici e tradizioni molto forti ma allo stesso tempo è fortemente contemporanea e innovativa. Come si trasmette tutto questo a chi è abituato a realtà vitivinicole classiche in cui avviene tutto il processo produttivo da monte a valle: vigna, cantina, vinificazione, stoccaggio etc … 

“Oggi anche un’ azienda storica come la nostra deve dedicare attenzione ad aspetti innovativi come la comunicazione, la strategia di marketing, la cura del packaging. Anni d’insistenza su questo aspetto hanno premiato i nostri sforzi: il consumatore è diventato più esigente e pertanto si aspetta un’ attenzione precisa su ogni fase che accompagna l’uscita di un prodotto. Per questo curare aspetti quali la comunicazione sui social media, l’immagine del prodotto ed il proprio packaging, la brand image dell’azienda, la comunicazione con i clienti ma anche il sito web/blog aziendale, l’organizzazione o la partecipazione ad eventi e tutto quanto può “fare comunicazione”, è fondamentale per una realtà che desidera essere e continuare a stare sul mercato. Oggi bisogna presidiare piattaforme e canali con una strategia ben precisa che parli di noi vestendoci a pennello, affidarsi a professionisti e non lasciare nulla al caso”. 

Qualcuno potrebbe tacciare “Ultimo” di essere un prodotto di marketing studiato a tavolino? Vogliamo spiegare cosa contiene questa impattante etichetta e quanto può essere importante distribuire una “Riserva di Nobile di Montepulciano” abbracciando un bacino di utenza più giovane?

“Il consumatore comincia a capire il valore di ciò che consuma proprio in virtù di decenni di lavoro di chi è venuto prima di noi. Ogni generazione aggiunge qualcosa di nuovo a ciò che ha fatto quella precedente! Mio padre ha iniziato negli anni ’80 a partecipare alle prime fiere all’estero in compagnia di un vero e proprio manipolo di produttori: erano anni difficili in cui far comprendere il Nobile di Montepulciano, accanto al più noto Brunello e a un Chianti ancora simbolo della Toscana rurale, era una vera e propria sfida. Ed erano gli anni in cui ciascuna azienda cominciava a imbottigliare: una rivoluzione che la generazione precedente non aveva neppure immaginato. Eppure passo dopo passo sono riusciti a creare e consolidare l’immagine di un prodotto altrettanto nobile quanto il Brunello, altrettanto genuino ed autentico quanto il Chianti, con una propria personalità ed uno straordinario rapporto qualità/prezzo. Lo stesso oggi deve essere fatto per le Riserve di Nobile di Montepulciano: io sto lavorando per far passare il messaggio di quanto sia importante la fase di affinamento e per trasmettere questo messaggio non c’è nulla di meglio di una Riserva! Un vino ingiustamente ignorato dalla distribuzione per un pregiudizio di prezzo che invece ne certifica il valore. Fortunatamente sempre più giovani si stanno avvicinando con consapevolezza al vino e questo conferma la teoria: ogni generazione aggiunge qualcosa a quella precedente. Noi dobbiamo lavorare per farlo capire a chi verrà dopo”.

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